Da circa un’ora si è chiusa la possibilità di esprimere il proprio voto, sul consenso o meno, circa la riduzione del numero dei parlamentari. Un disegno di legge costituzionale nato dal programma politico frutto dell’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega all’indomani della nascita del governo Conte I nel maggio del 2018 (cd “Contratto per il governo del cambiamento”).
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?». Questo il testo del quesito che gli elettori troveranno sulla propria scheda. Sarà sufficiente la maggioranza dei sì, a prescindere dal numero dei votanti, affinché la modifica venga promulgata. In caso di prevalenza dei no invece, gli articoli 56, 57 e 59 rimarranno invariati.
I sostenitori del sì poggiano sui seguenti argomenti:
I sostenitori del no, ritengono che:
Protagonista indiscusso di questo referendum è l’art. 138 della Costituzione. Consentendo alla popolazione di esprimersi su modifiche di notevole rilevanza quando la maggioranza parlamentare non sia tale da garantire questa rappresentatività, ha registrato – dal sito del Viminale – un’affluenza del 54,46% degli aventi diritto.
Una percentuale leggermente più bassa (52,91%) è quella rilevata alle Regionali ma calcolata solo su Campania, Liguria, Puglia e Veneto. Per quanto riguarda l’influenza al referendum costituzionale, nel 2001 si fermò al 34%. Nel 2006, quando si votò su due giorni per un referendum costituzionale, l’affluenza fu del 52,46% e vinse il No. Nel 2016, quando gli elettori furono chiamati a confermare o meno la riforma Renzi e si votò un solo giorno, l’affluenza si attestò al 65%.
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