Cresce l’apprensione per la sorte dei 18 pescatori di Mazara del Vallo rapiti dalle milizie del generale Khalifa Haftar in Libia. I marittimi rapiti, in attesa del processo in programma dal prossimo 20 ottobre, sono ristretti nella caserma di El Kuefia distante 15 chilometri da Bengasi.
Agli armatori delle motonavi Antardide e Medinea, ai quali si sono aggiunti il comandante del peschereccio Anna Madre di Mazara del Vallo e il primo ufficiale del Natalino di Pozzallo viene contestato il superamento delle acque internazionali. Superamento che in realtà non è mai avvenuto essendo la distanza rivendicata dalla Libia in maniera unilaterale. A queste accuse si è aggiunta anche quella di traffico di droga.
La questione in realtà, come sottolineano del resto sia gli armatori che i parenti dei sequestrati, è puramente politica. I miliziani di Haftar infatti, chiedono uno scambio di prigionieri tra i pescatori siciliani e 4 persone, vicine al generale, ristrette nelle carceri italiane e condannati a 30 anni di carcere, a seguito della cosiddetta strage di Ferragosto. La strage di Ferragosto, avvenuta nell’estate del 2015, rappresenta una delle più gravi mai accadute nel bacino del Mediterraneo. In quel frangente 49 persone migranti morirono soffocate nella stiva di uno scafo battente bandiera libica durante un trasporto clandestino. L’azione di Haftar ha lo scopo di sabotare il rapporto diplomatico tra il Governo italiano e il premier libico riconosciuto dall’Onu, Fayez al-Serraj.
Nel frattempo monta nell’opinione pubblica italiana la protesta. Protesta alimentata con forza dagli armatori, oggi, 7 ottobre, Leonardo Gancitano di Agripesca è stato ospite di TgCom24 e, soprattutto, dai parenti dei 18 pescatori rapiti in Libia. Una parte di loro si è addirittura incatenata a piazza Montecitorio sollecitando, con forza, un intervento risolutivo da parte dell’Esecutivo. Per non tacere delle ormai quotidiane manifestazioni sul lungomare di Mazara del Vallo e della pressione mediatica esercitata dai leader dell’opposizione Matteo Salvini e Giorgia Meloni. La situazione si è complicata anche in virtù della netta posizione del ministro degli esteri Luigi Di Maio che non recede dalla suo proposito: “Noi non trattiamo con nessuno”.
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