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Cronaca

Maria Falcone contro la sentenza tedesca: “Un affronto per gli italiani. Siamo pronti all’appello”

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Martina Di Cesare

Il tribunale tedesco ha respinto la denuncia di Maria Falcone contro l’uso distorto delle immagini e dei nomi di Falcone e Borsellino in una pizzeria di Francoforte. 

Il giudice tedesco ha ritenuto necessario respingere l’esposto della sorella del magistrato rimasto ucciso nella strage di Capaci nel 1992 perché “sono passati quasi 30 anni dalla morte di Falcone e il tema della lotta alla Mafia non sarebbe più così sentito tra i cittadini”. Dura la condanna di Maria Falcone: “La sentenza è una grande delusione per tutti gli italiani”.

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La sentenza del giudice tedesco

Francoforte sul Meno, Germania: foto dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino appese accanto a quelle di don Vito Corleone, interpretato da Marlon Brando nel film “Il Padrino”. Il tutto, contornato da fori sulla parete come a simulare una sparatoria. E’ il discutibile arredamento scelto da un ristoratore tedesco per la sua pizzeria “Falcone e Borsellino” e che tanto sta facendo discutere in questi giorni.

La sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci, Maria Falcone, ha fatto immediatamente ricorso al tribunale tedesco denunciando il proprietario del locale, Constantin Ulbrich, per aver violato la memoria dei due magistrati e chiedendo di cambiare nome alla pizzeria in questione.

Ieri è arrivato il verdetto del tribunale tanto atteso e che ha lasciato tutti di stucco: l’esposto della professoressa Maria Falcone è stato respinto perché, si legge nella sentenza, “sono passati quasi 30 anni dalla morte di Falcone e il tema della lotta alla Mafia non sarebbe più così sentito tra i cittadini”. Come se non bastasse, il tribunale ha anche specificato che il giudice Falcone “ha operato principalmente in Italia e in Germania è noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori. Non alla gente comune che frequenta la pizzeria”.

Maria Falcone: “Un vero affronto. Pronti all’appello”

Una sentenza che Maria Falcone non accetta. Intervenuta a RaiNews24, la sorella del giudice morto nel 1992 si è detta molto addolorata per la sentenza. Al giudice tedesco, la Fondazione Falcone aveva presentato una serie di documenti che testimoniassero la notorietà in Germania del giudice antimafia ma, evidentemente, non sono valsi a nulla.

“Meno di due mesi fa – spiega Maria Falcone – e cito solo l’ultimo di una lunga serie di episodi in tal senso, al termine della Conferenza delle Parti sulla Convenzione Onu contro la criminalità transnazionale riunita a Vienna, è stata approvata all’unanimità da 190 Paesi una risoluzione che riconosce il contributo dato da Falcone alla lotta al crimine organizzato internazionale”.

Una sentenza che secondo la professoressa non rispecchia la sensibilità dei tedeschi: “numerosi sono stati i riconoscimenti che alla figura di mio fratello sono stati tributati da istituzioni ed enti di un Paese come la Germania che, nel tempo, ha mostrato grande sensibilità ai temi della mafia e della legalità”. Maria Falcone procede poi ricordando che la stessa Germania soffre sulla sua pelle “il pesante ingombro della presenza delle mafie”, riferendosi alla sparatoria del 14 agosto 2007, quando Giovanni Strangio scaricò una sventagliata di mitra davanti a un ristorante di Duisburg.

“Faremo ricorso in appello – conclude Maria Falcone – contro un provvedimento che riteniamo ingiusto anche alla luce del valore che assume in una città con una fortissima presenza di italiani che ben conoscono il significato della lotta alla mafia e il sacrificio di chi per la giustizia ha perso la vita“.

L’intervento di Bonafede

Sulla vicenda è intervenuto anche il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che ha promesso di scrivere alla Ministra della Giustizia tedesca, Christine Lambrecht, per farle presente “l’effetto culturalmente devastante di una sentenza di questo tipo”.

L’indignazione per la decisione del giudice tedesco arriva da tutte le parti del mondo politico italiano. Sulla vicenda sono intervenuti con vari post social politici come Matteo Salvini, Maurizio Gasparri e Francesco D’Uva.

 

 

 

 

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