Sara Pedri, arriva un’altra accusa grave contro l’ospedale Santa Chiara. Una collega di Sara che ha vissuto la medesima situazione di Sara
Il lavoro ti può uccidere in tanti modi. Anche costringendoti a farla finita. Può metterti in continua difficoltà, farti lavorare fino allo sfinimento fisico e psicologico e qualora tutto non bastasse, eccoti servito un bel rimprovero tale da farti dubitare delle tue qualità professionali, di mettere in dubbio tutte le tue conoscenze. Per quale motivo? Quello di farti sentire una nullità. Un metodo atroce, che può anche portare a soluzioni estreme se non si ha la forza per combatterlo.
Forse è stato così per Sara Pedri. Quel malsano luogo di lavoro può essere stata la causa di una decisione tragica, quella di farla finita per sempre, perché le avevano tolto le certezze di una vita. Fantasia? Sembra di no. Più trascorrono i giorni e più si levano le voci di colleghi o ex dipendenti del Santa Chiara che confermano il regime di terrore instaurato non si sa bene da chi, nel reparto di Ginecologia.
“Il senso di incapacità, la paura di fare qualsiasi cosa per l’incubo di sbagliare, la mancanza di un confronto sano: nelle parole della collega mi sono ritrovata”. Queste le parole di un’ostetrica, ex dipendente dell’ospedale Santa Chiara, nelle scorse ore al quotidiano L’Adige. Ostetrica trentina, che aveva sempre sognato di lavorare in quella struttura sanitaria. Ma anche lei, ben presto, ha dovuto dire basta.
“Ho presentato le dimissioni. Non mi riconoscevo più. Ero arrivata al punto di pensare che quella non era la mia strada”. Aggiunge l’ostetrica: “Ci ha messo un anno per superare le insicurezze e ora lavora a tempo indeterminato in un ospedale fuori regione”. E nel corso della sua intervista la donna racconta come fondamentali siano state per lei la famiglia e le amicizie. per lei è stato più facile dato che era trentina, non è stato forse così per Sara che aveva famiglia ed amicizie lontane e quindi alcun supporto cui aggrapparsi nel momento del bisogno.
“Mi sono licenziata per incompatibilità. Non posso più rimanere lì. Sono andata in crisi, una forte crisi personale. Ho sempre desiderato diventare un’ostetrica, ero straconvinta di farlo, ci sono riuscito e, dopo un periodo positivo presso un ospedale fuori provincia , ho anche coronato il sogno di essere assunta al Santa Chiara. Ma nei miei sei mesi di lavoro a Trento sono arrivata anche a mettere in dubbio che quella fosse la mia strada”. Parole che lasciano poco spazio all’interpretazione. La sorella di Sara, Emanuela, ha spesso parlato dell’aria irrespirabile di quel reparto e come fosse quella la causa del profondo stato di depressione di Sara.
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La confessione dell’ostetrica dimessasi dal Santa Chiara, che racconta dettagliatamente la situazione all’interno del reparto di Ginecologia, va, inequivocabilmente, verso quella direzione. Se gesto estremo vi è stato da parte di Sara, come temono fortemente i familiari, la causa l’abbiamo, forse, ben compresa.
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