La spinosa questione dell’aggiornamento delle linee guida sull’uso della pillola Ru486, il cosiddetto aborto farmacologico, deflagra nel dibattito, politico e sociale, nel bel mezzo dell’approvazione del decreto Agosto. Parte tutto da un post facebook del Ministro della Salute, Roberto Speranza, il quale, prende a spunto il titolo di apertura del quotidiano “La Repubblica”: “Aborto cade l’ultimo no”, per sottolineare la scelta del Governo. “Le nuove linee guida – scrive sul popolare social network l’esponente di LeU – basate sull’evidenza scientifica, prevedono l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana”. E poi l’affondo, tutto politico: “È un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà del nostro Paese”.
Nemmeno il tempo di mettere online il post che arriva, durissima, la risposta del quotidiano vicino alla Conferenza Episcopale Italiana, “Avvenire” che, in articolo a firma Antonella Mariani, dal titolo inequivocabile, “l’aborto farmacologico diventa fai-da-te”, entra in polemica diretta. Due le questioni di merito sollevate. La prima il via libera all’aborto da soli e in casa, senza ricovero, senza supporto psicologico, senza verifica dell’effettivo stato psicofisico di chi ricorre a questo istituto. Solo la dotazione di pasticche consegnate dall’ospedale. La seconda, il metodo, un annuncio fatto tramite stampa e, tramite social network, senza aver reso pubblici i documenti operativi, quelli che rendono effettivo il percorso. La terza, non meno diretta, la questione economica. Questa scelta, secondo “Avvenire”, ha una verità che, citiamo testualmente, “si può trovare nei vantaggi economici, in termini di risparmi per la sanità pubblica”. L’affondo finale è durissimo: “sconcertante – scrive Avvenire – come tante reazioni esultanti parlino di un passo verso una maggiore libertà delle donne”. Una libertà che, secondo il quotidiano cattolico, diventa prigionia di fatto. “Che Libertà c’è ad essere sole e a dover fare di nascosto” per non tacere che “si deresponsabilizzando, in tanti casi, i compagni”
Ru486 è il nome commerciale del composto chimico, mifepristone, registrato in Italia nel 2010 dall’azienda farmaceutica Roussel Uclaf. Le linee guida per il suo utilizzo, furono stilate, esattamente dieci anni fa, nell’ambito della Legge 194, e prevedono tre giorni di ricovero dopo l’uso della pillola e il limite massimo di utilizzo nelle 7 settimane di gestazione. In molti casi, purtroppo, i tre giorni di ricovero vengono sorpassati con le dimissioni volontarie, generando un rischio importante e rendendo, di fatto, la pratica dell’aborto farmacologico, esclusivamente ambulatoriale. Le nuove linee guida, sempre stando a quanto emerge dalla stampa, ma non ancora dagli atti ufficiali, permettono l’uso della Ru486 anche dopo 9 settimane di gravidanza. L’aggiornamento delle linee guida arriva in seguito alla scelta della Presidente della Regione Umbria, le leghista Donatella Tesei, di modificare le linee guida regionali passando dal Day Hospital al ricovero.
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