Homeschooling: Erika Di Martino racconta che cos’è e perché lo ha scelto per i suoi figli

Erika Di Martino, sostenitrice n°1 dell’homeschooling in Italia, racconta in cosa consiste questa realtà ancora sconosciuta nel nostro Paese e perché l’ha scelta per i suoi 5 figli. 

(Sito web www.erikadimartino.com)

Si può immaginare un bambino estrapolato dall’ambiente scolastico? E un’istruzione data non dai classici insegnanti ma dagli stessi genitori o da tutor specializzati? In Italia la pratica dell’homeschooling, quella che sostanzialmente una volta era definita “istruzione parentale“, è ancora poco conosciuta ma nel resto del mondo la situazione è decisamente diversa. Sono sempre più, infatti, i genitori che decidono di non mandare i propri figli a scuola per istruirli, invece, a casa propria. Erika Di Martino, pioniera dell’homeschooling in Italia, ci spiega meglio in cosa consiste e perché lo ha scelto per i suoi figli.

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L’homeschooling: un trend sempre più in crescita

In Italia, secondo il Ministero dell’Istruzione, più di 8 milioni di bambini sarebbero dovuti tornare a scuola il 14 settembre. Invece, complice la tornata elettorale, per molti di loro la data è slittata al 24 settembre. A questo bisogna aggiungere il fatto che in molti istituti si sono registrati già casi di positività al Covid-19 che hanno fatto slittare ulteriormente le riaperture scolastiche o addirittura hanno portato a richiudere o sospendere le lezioni. In questo clima di incertezza, sono sempre più i genitori che decidono di non mandare i propri figli a scuola e di provvedere da soli alla loro istruzione.

L’istruzione parentale è sempre stato un fenomeno marginale nel nostro Paese. Attualmente sono solo 2 mila le famiglie che praticano l’homeschooling in Italia ma, complice anche la pandemia, pare che negli ultimi tempi le cose stiano cambiando e che il fenomeno sia sempre più in crescita, non soltanto nella fascia della scuola primaria, ma anche tra i ragazzi più grandi, delle scuole secondarie di I e II grado. Nel resto del mondo, invece, la situazione è decisamente diversa da tempo: si stima che i bambini che non vanno a scuola ma ricevono un’istruzione parentale siano 60 mila in Canada, 70 mila invece in Inghilterra e addirittura 2 milioni negli Stati Uniti.

Erika Di Martino, appassionata promotrice di questa proposta formativa, spiega che il trend in crescita in Italia è dovuto al fatto che: “I genitori temono la scuola. Da marzo abbiamo notato un aumento di richieste di informazioni da parte dei genitori. ‘Voglio che mio figlio sia istruito a dovere’: è questo quello che chiedono. La pandemia ha inevitabilmente cambiato il volto della scuola. Le mamme e i papà hanno paura che i figli possano avere delle lacune, sono spaventati da quella che potrebbe essere, tra assenze e quarantene, una didattica a singhiozzo”.

Homeschooling: cos’è e in cosa consiste

Cosa si intende esattamente per homeschooling? “Siamo convinti che per imparare al meglio i giovani debbano essere inseriti in un contesto sereno. L’homeschooling garantisce un’istruzione serena” spiega Erika. “Ci sono diversi approcci a questa realtà, alcuni ad esempio seguono il metodo Montessori, altri quello Steiner. Non si cerca di replicare la scuola perché i tempi sono molto ridotti e diversamente organizzati. Incentriamo semplicemente i nostri insegnamenti sull’apprendimento naturale e sui suoi tempi. Abbiamo un’organizzazione flessibile, con alcuni appuntamenti fissi, ma ci lasciamo provocare dalla quotidianità” continua.

Un metodo dunque, non standard e che stravolge la rigidità dell’istruzione scolastica italiana. Non ci sono programmi ministeriali da seguire e soprattutto non ci sono esami: “Personalmente non facciamo esami perché non seguiamo il programma ministeriale. Gli esami servono per chi vuole rientrare all’interno del sistema scolastico pubblico oppure serve se i genitori desiderano una certificazione delle competenze e conoscenze dei propri figli. Anche se ci sono circolari ministeriali che dicono il contrario, i nostri legali ci hanno confermato che non c’è nessun obbligo di sostenere esami” spiega Erika.

Già. Viene effettivamente naturale chiedersi se questa pratica sia legale o meno in Italia. I fautori dell’homeschooling tengono a sottolineare che da un punto di vista legislativo è tutto legale, perché non è la scuola e la sua metodologia didattica a essere obbligatoria bensì l’istruzione. Chi vuole intraprendere questa via per i propri figli deve semplicemente inviare un’autocertificazione al dirigente scolastico, specificando che intende occuparsi direttamente dell’istruzione dei propri figli, dichiarando di essere in possesso delle capacità tecniche o economiche per farlo.

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I punti di forza e di debolezza dell’approccio homeschooling

Secondo Erika, la forza di questo tipo di approccio “è la rete delle famiglie e la riscoperta della società, come luogo vivo da esplorare. I bambini, come gli adulti e gli anziani, vivono una vita che è molto “inscatolata”, chiusa. Gli anziani sono sempre più emarginati, gli adulti al lavoro e i bambini a scuola. L’homeschooling stravolge tutto, connette bambini, adulti, anziani. Questa è una ricchezza. Come genitore ti metti alla prova, così come i fratelli. I fratelli passano molto tempo insieme; il vicinato si arricchisce, così come la società”.

Un approccio che presenta però anche dei limiti: “In Italia il rischio principale è l’isolamento, soprattutto se il genitore ha poca esperienza. L’organizzazione è fondamentale. La società ti porta ad essere individualista ed è necessario fare un grande sforzo per seguire adeguatamente i propri figli”.

E a chi le chiede se non c’è il rischio che un’istruzione da casa rischia di far rimanere indietro i bambini, Erika Di Martino giura che i suoi figli Thomas, di 13 anni, Olivia, di 11, Nicholas, di 9, Benjamin, di 5 e Viola, 2 anni (tutti bilingue dalla nascita), non hanno mai avuto problemi di alcun tipo. “Per quanto riguarda la didattica, il vantaggio dell’homeschooling è che il programma si può modellare sull’alunno, possono essere valorizzati i suoi talenti con un percorso di studi ad hoc. La scuola, insegnando ad un gruppo vastissimo di studenti, deve per forza omologare i programmi, nell’educazione parentale questo non avviene”.

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