Coronavirus, ecco perché l’immunità di gregge non ci salva dalla pandemia

L’immunità di gregge non sconfiggerà il coronavirus

Immunità gregge coronavirus

Un nuovo duro colpo alla lotta contro la pandemia da coronavirus Covid-19, dopo lo stop alla sperimentazione del vaccino da parte di Johnson&Johnson e AstraZeneca, arriva da un gruppo di ottanta ricercatori secondo i quali l’ipotesi di superare l’emergenza attraverso il ricorso alla cosiddetta immunità di gregge è “dannoso e pericoloso”. Vediamo i dettagli.

Cos’è l’immunità di gregge

L’immunità di gregge è un approccio medico secondo il quale un gruppo umano è in grado di resistere all’attacco, di una determinata infezione, se all’interno della stesso gruppo una grande parte dei componenti è già stata contagiata. In pratica il contagio di massa rende immune dal contagio stesso. Questo approccio medico è molto utilizzato in veterinaria ma è stato sperimentato anche sull’Uomo. Gli ultimi casi di rilievo sono quello per sconfiggere la diffusione del morbillo a Londra nel 1971 e per debellare la rabbia in Germania a fine anni 90.

La tesi degli scienziati USA

Passiamo invece all’invettiva attuale degli scienziati, ottanta per la precisione, tra esperti di sanità pubblica, epidemiologia, virologia, malattie infettive e sistemi sanitari complessi i quali in una lettera pubblicata sull’autorevole rivesta “The Lancet” hanno anticipato le conclusioni di uno studio collettivo che sarà presentato all’edizione numero 16 del World Congress on Public Health 2020. Congresso che si sarebbe dovuto tenere a Roma ma che, per via della pandemia da coronavirus Covid-19, si sta svolgendo solo online.

Coronavirus, l’immunità di gregge non basta

L’analisi degli esperti parte della fotografia dello stato attuale delle cose e si basa su un approccio scientifico ma che tiene in gran conto i dati sociometrici ed economici. “Bisogna agire con urgenza e bene” avvertono gli scienziati e nella casella bene escludono il ricorso al concetto di immunità di gregge. Secondo gli ottanta studiosi il ricorso a questo approccio darebbe vita ad un’epidemia incontrollata. L’approccio viene definito “difettoso”. Il motivo risiede nel fatto che la diffusione, senza controllo tra i giovani, crea gravi pericoli per il resto della popolazione che non riuscirebbe a sviluppare anticorpi veloci ed efficaci come quelli delle fasce comprese tra i 6 e i 35 anni della popolazione stessa. Questo fattore provocherebbe ondate costanti e ripetute negli anni del coronavirus per non tacere dell’impatto sugli addetti ai sistemi sanitari che, in questo contesto, rischierebbero il collasso. Una pietra tombale su quanto affermato da alcuni leader politici, in primis dal Premier inglese Boris Johnson.

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