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Covid, Gerry Scotti in lacrime: “Ero con 24 persone intubate. I negazionisti? Lasciamoli un’ora dove sono stato io”

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Martina Di Cesare

“Vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me”. 

Gerry Scotti (Instagram)

Il noto conduttore televisivo Gerry Scotti, all’anagrafe Virginio Scotti, è stato dimesso lunedì 16 novembre dal Covid Center dell’Humanitas a Rozzano, dove è stato ricoverato per 10 lunghi giorni in seguito al tampone positivo del Coronavirus. Un’esperienza dura e provante che Gerry ha deciso di raccontare in un’intervista esclusiva al Corriere della Sera.

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Il tampone positivo e la scelta del ricovero

E’ un racconto toccante quello che Gerry Scotti ha deciso di rilasciare a il Corriere della Sera. Un racconto che, senza mezzi termini, ripercorre le tappe che lo hanno portato al ricovero presso il Covid Center dell’Humanitas a Rozzano, in provincia di Milano.

Tutto è iniziato con una banale febbriciattola e dei colpi di tosse. Nulla di troppo preoccupante inizialmente, sembrava bastasse una terapia domiciliare di una settimana con tachipirina e cortisone per tornare sano e forte. Invece no. Gerry Scotti si sottopone al tampone che risulta positivo e basta questa parola a farlo cadere in un turbine di paranoia e angoscia: “In un attimo ho rivissuto i sei mesi di paura, terrore, precauzione, speranza che stiamo vivendo tutti. Perché proprio a me?” ha raccontato nell’intervista.

Qualche giorno dopo la scoperta della positività al virus, Gerry Scotti torna all’Humanitas per sottoporsi a dei controlli ed è proprio in quell’occasione che arriva una seconda doccia fredda per il conduttore: i medici gli consigliano di rimanere in ospedale per via dei parametri sballati di fegato, reni e pancreas. “Sono diventato verde e ho sudato freddo – riferisce Scotti al giornalista Renato Franco – i medici mi dicevano di non spaventarmi”.

“Vedevo 24 persone intubate. Ho pregato per loro”

Gerry Scotti (Getty Images)

Una volta ricoverato, Gerry Scotti viene messo per 36 ore in una stanza al confine con l’unità di terapia intensiva. “Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone – ha raccontato il conduttore – ho appurato che quella era l’ultima porta”.

Proprio da quella stanza, Gerry Scotti riusciva a vedere le persone ricoverate in terapia intensiva: “Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza“. Una situazione di paura e terrore che non hanno tolto al cuore del conduttore televisivo la voglia di regalare speranza a chi stava peggio di lui: “Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio. Pregavo per loro invece che pregare per me“.

Nel frattempo, però, il virus continuava a fare il suo percorso e indeboliva sempre più il corpo di Scotti. I medici decidono di sottoporlo così ad una terapia con il casco salvifico, una soluzione che il conduttore dice essere “l’ultimo step indolore della terapia prima che ti intubino”. Dopo qualche giorno di terapia con questo casco “salvavita”, le condizioni di Gerry Scotti migliorano e i medici decidono di riportarlo in un’altra stanza.

“Ho visto quanto è sottile il filo che ci attacca alla vita”

L’esperienza del ricovero è stata per Gerry Scotti una parentesi sicuramente brutta ma che lo ha anche profondamente cambiato. Tornato a casa, tra il calore dei suoi familiari il conduttore ha capito quanto è fugace la vita e soprattutto quanto è importante godere di ogni singolo attimo che ci viene regalato: “Ho visto quanto è sottile il filo che ci attacca alla vita, ho visto che basta un attimo. E’ un’esperienza che mi ha migliorato come uomo e persona, sono più forte di prima e ho ribaltato le mie priorità. Rimangono sempre dieci. Ma l’ordine è diverso. Capisci il valore delle piccole cose“.

 L’intervista è stata un’occasione anche per ringraziare chi gli è stato vicino durante la malattia, in primis ovviamente i medici del Covid Center di Rozzano: “Al Covid Center dell’Humanitas sono stati eccezionali. In quelle notti insonni vedevo un formicaio di ragazzi e ragazze, tutti sotto i 30 anni, non ce ne era uno fermo per più di 10 secondi”.

Quando è stato dimesso, quei ragazzi giovanissimi hanno chiesto anche un piccolo favore a Gerry: “dica che non siamo eroi, dica che siamo ragazzi e ragazze che cercano di fare al meglio il proprio lavoro”. E Gerry, al Corriere della Sera, ne approfitta anche per puntualizzare: “E’ facile cavalcare gli errori e le polemiche, ma gli errori e le polemiche non sono di quelli che sono in prima fila, in trincea. Gli sbagli sono più indietro, nei quartier generali, appartengono alla politica. Non certo a loro”.

E a chi minimizza la malattia Gerry Scotti risponde così: “I negazionisti bisogna prenderli e lasciarli in quella stanzina un’ora. Non c’è bisogno di 36 ore come è stato per me. Sicuro che cambiano idea“.

 

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