Covid, povertà in aumento e liquidità congelata: il Rapporto Censis 2020

Online il Rapporto Censis per l’anno 2020. Il coronavirus ha messo in ginocchio il tessuto socio-economico dell’Italia.

rapporto censis
Photo by Sean Gallup/Getty Images

Il quadro che emerge dal 54esimo Rapporto Annuale Censis sulla situazione sociale ed economica in Italia è eloquente. “Una ruota quadrata che non gira”: così viene definito il nostro Paese. Secondo i dati della ricerca, la pandemia da coronavirus che ha investito il 2020 ha contribuito ad allargare la forbice tra i poveri e i ricchi, tra chi è precario e chi invece ha un contratto stabile. In generale gli italiani terminano l’anno con meno lavoro, meno soldi e più paura per il futuro.

Il sentimento evidenziato dall’analisi del Censis è di sfiducia. Il 45% dei cittadini è dell’idea che nel post pandemia saremo peggiori rispetto all’era pre-Covid. Soltanto il 20,5% ritiene che l’esperienza ci renderà migliori. Ma la sfiducia non è solo verso il prossimo: oltre metà degli italiani, il 58%, non sono rimasti soddisfatti della gestione della pandemia da parte delle istituzioni europee.

“Il virus ha colpito una società già stanca – si legge nel Rapporto – quest’anno però siamo stati incapaci di visione. Il sistema avanza a fatica con un disumano sforzo, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale”.

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Rapporto Censis: la povertà è in aumento

Definire esattamente quanti poveri in più ci siano nel 2020 in Italia rispetto al 2019 risulta difficile, ma la ricerca del Censis evidenzia due parametri significativi: da marzo a settembre oltre 580mila persone in più vivono nelle famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza (+23%) e i beneficiari del sussidio di emergenza sono quasi 700mila.

In difficoltà anche la classe media, che pur non essendo considerata ufficialmente povera, vive con insicurezza il proprio posto di lavoro e con la paura di trovarsi improvvisamente in una situazione di bisogno. Solo nel terzo trimestre dell’anno, i disoccupati tra giovani e donne sono aumentati di quasi mezzo milione. I lavoratori indipendenti o con contratto a tempo determinato rimasti senza lavoro sono invece più di 600mila.

Occupazione: lavoratori “non garantiti” in crisi

La paura per il futuro è ormai il comune denominatore degli italiani. Non sapere cosa accadrà dopo aver superato la pandemia spaventa il 73% dei cittadini. Gli interrogativi ricadono specialmente nell’ambito relativo all’occupazione. Il Covid ha infatti spaccato in due la società: da una parte i “garantiti”, tra i 3,2 milioni di dipendenti pubblici e i 16 milioni di percettori di pensione, e dall’altra i “non garantiti”, in cui sono compresi tutti i lavoratori precari e senza posto fisso.

In particolare, tra i più vulnerabili rientrano i lavoratori del settore privato a tempo determinato e le partite Iva. Tra coloro che si sono impoveriti di più vi sono i commercianti, gli artigiani e tutti i professionisti rimasti senza incassi. Solo il 23% dei lavoratori autonomi, meno di un quarto, aveva percepito lo stesso reddito prima dell’avvento del Covid. E ormai pochissimi sono disposti a rischiare: solo il 13% degli intervistati sarebbe pronto ad aprire un’impresa.

Risparmi al sicuro e liquidità congelata

A causa dell’incertezza economica e occupazionale, gli italiani che possono vantare dei  risparmi preferiscono tenerli congelati, in modo tale da poter attraversare con meno difficoltà eventuali periodi critici. La corsa alla liquidità nasce perciò da un timore diffuso: il 75% degli italiani considera insufficienti o tardivi gli aiuti dello Stato.

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Secondo il Rapporto Censis, nel giugno 2020, dopo la prima ondata della pandemia, la liquidità nel portafoglio finanziario degli italiani è incrementata a 42 miliardi di euro rispetto al 2019. Non era mai accaduto prima: l’anno in cui si raggiunse il picco più alto fu il 2016, quando la liquidità si fermò a 25 miliardi. Il risultato è la caduta del Pil: a calare sono stati i consumi delle famiglie, gli investimenti e l’export. Crollate anche le risorse dedicate ad azioni o fondi comuni.

 

 

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