Secondo le analisi la variante italiana del Covid precede quella emersa nel Regno Unito, che sarebbe leggermente diversa.
Una variante del coronavirus Sars-CoV-2 molto simile all’ormai nota variante inglese circola in Italia dai primi giorni di agosto. Ad affermarlo è Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università degli Studi di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili.
L’esperto ha spiegato in esclusiva all’Adnkronos che la variante Covid italiana, come quella emersa in Gran Bretagna, “ha una mutazione in un punto nevralgico dell’interazione Spike/recettore cellulare, più precisamente in posizione 501”. A differenza però di quella inglese, la variante scoperta in Italia “ha anche una seconda mutazione in posizione 493, che rende la sua proteina Spike leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo”.
Come ricordato da Caruso la proteina Spike è l’uncino che il virus usa per attaccare il recettore presente sulle cellule bersaglio del nostro organismo. Secondo lo scienziato “l’omologia di sequenza tra la variante da noi identificata e quella inglese porta a pensare che la prima possa avere generato le altre che oggi stanno emergendo”.
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Arnaldo Caruso ha raccontato che la variante italiana è stata rilevata casualmente osservando un’anomala persistenza virale in un paziente che era stato contagiato ad aprile. “Anche dopo la guarigione – ha spiegato lo scienziato – i tamponi effettuati da agosto in poi avevano sempre dato esito positivo con virus ad alta carica”.
Per capirne il motivo, a novembre il virus è stato dunque sequenziato. “Con nostra sorpresa – ha raccontato Caruso – ci siamo resi conto di avere identificato una nuova variante. A quel punto abbiamo sequenziato anche un campione dello stesso paziente ottenuto ad agosto”, scoprendo che “la Spike variata era già presente allora, con tutte le sue mutazioni”.
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La notizia delle recenti mutazioni del Sars-CoV-2 ha generato dubbi e perplessità in merito alla possibile efficacia del vaccino. Ma secondo Arnaldo Caruso non dovrebbero comunque emergere problemi: “Il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike”, ha spiegato.
“Anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493 – ha sottolineato l’esperto – ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina. Il loro legame sarebbe sufficiente a impedire l’interazione tra Spike e recettore cellulare”.
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