Franceschini: “Abolita definitivamente la censura cinematografica”

Dario Franceschini ha firmato il decreto che “abolisce definitivamente la censura cinematografica”. Nasce la Commissione per la classificazione dei film.

(Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

”Abolita la censura cinematografica, definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”. È con queste parole che il Ministro della Cultura Dario Franceschini, ha firmato il decreto che istituisce la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura.

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Abolita definitivamente la censura cinematografica

La Commissione avrà il compito di monitorare la corretta classificazione delle opere cinematografiche da parte degli operatori. “Un intervento ai sensi della Legge Cinema che introduce il sistema di classificazione e supera definitivamente la possibilità di censurare le opere cinematografiche: non è più previsto il divieto assoluto di uscita in sala né di uscita condizionata a tagli o modifiche” spiega una nota rilasciata dal Mic.

La Commissione è composta da 49 esperti del settore, scelti sia per le loro competenze ed esperienze, sia ” negli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori o nella comunicazione sociale, nonché designati dalle associazioni dei genitori e dalle associazioni per la protezione degli animali”, si legge ancora nel comunicato ufficiale. Alla presidenza del nuovo organo, troviamo invece Alessandro Pajno, 72 anni e Presidente emerito del Consiglio di Stato della Repubblica Italiana.

Da Pasolini a Bertolucci: i casi celebri di censura

Una vera rivoluzione nel mondo della cultura cinematografica italiana che dal secondo dopoguerra, complice anche la legislazione fascista, era costretta a sottostare a limitazioni e riadattamenti che non offendessero il buon costume.

Molte sono le pellicole italiane, anche di riconosciuta valenza internazionale, che nel nostro paese hanno subito il peso della censura e che si sono viste surclassate da indubbi capolavori a film di modesto valore. Tra i casi più emblematici troviamo ad esempio Gioventù perduta (1948) e Il cammino della speranza (1950) di Pietro Germi, Totò e i re di Roma (1952) di Steno e Mario Monicelli, Anni facili (1953) di Luigi Zampa, Senso (1954) di Luchino Visconti, Totò e Carolina (1955) di Mario Monicelli, Le avventure di Giacomo Casanova (1955) di Steno, I vinti (1953) e Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni, Rocco e i suoi fratelli (1960) di Visconti, L’avventura (1960) di Antonioni, L’assassino (1961) di Elio Petri.

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Ma la lista, purtroppo, non finisce qui. Avvicinandoci agli anni più recenti, troviamo anche opere come Ultimo tango a Parigi (1972) di Bernardo Bertolucci, di cui fu ordinata la distruzione di tutte le copie esistenti, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pasolini, film a cui venne negata la nazionalità italiana, Novecento (1976) di Bertolucci, Il pap’occhio (1980) di Arbore, sequestrato per “vilipendio della religione di Stato”. La stessa sorte toccò anche al film Totò che visse due volte (1998) di Daniele Ciprì e Franco Maresco.

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