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La “crisi dell’acqua” nel Medio Oriente mette a rischio le popolazioni

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Francesco Serra

Uno scenario catastrofico avvolge il Medio Oriente e le sue acque. La CNN ridisegna la crisi idrica della “regione”, sempre più alle prese con la difficoltà date dal prosciugamento di interi bacini e alla scarsità dell’acqua a causa del cambiamento climatico, ma anche, e soprattutto, dal dettato delle opere umane sui corsi d’acqua. 

(Photo by Amir Levy/Getty Images)

Corsi d’acqua interrotti e laghi che un tempo conoscevano la forma e le abitudini dei turisti, oggi vuoti e privi di acqua, o alle prese con una riduzione estrema del volume di acqua presente nel bacini, come il lago salato Urmia, il più grande e popolare d’Iran, che ha subito negli anni una riduzione maggiore del 50% del proprio volume, meta per migliaia di turisti e luogo mistico apprezzato in tutto il mondo per la particolarità delle sua acque, tinte di rosa e riflesso della bellezza di un’intera regione. Il luogo è stato, soprattutto prima degli anni 2000, una destinazione molto ambita dai turisti, fiorente residenza temporanea anche per via dei Hotel e dei ristoranti che costeggiavano il lago. Oggi, spiega la CNN, la sua scomparsa segna la fine di una ricchezza naturalistica con pochi eguali. Basti pensare che dai 5.400 chilometri quadrati degli anni ’90, oggi il lago misura solo 2.500 chilometri quadrati.

Alte temperature e una costante siccità hanno contribuito a provocare la scarsità delle acque in Medio Oriente. Il cambiamento climatico ha certamente influito in tal senso ma, ad aggravare la situazione nella regione, è stato anche l’utilizzo massiccio di acqua e lo spreco da parte dell’uomo. Iraq, Iran e Giordania, spiega la CNN, stanno estraendo grandi quantità di acqua per aumentare la sussistenza dai terreni agricoli. Charles Iceland, direttore del World Resources Institute (WRI) ha spiegato che ciò sta avvenendo in concomitanza con una diminuzione delle piogge: “Usano più acqua di quella disponibile di routine sotto la pioggia. E quindi i livelli delle acque sotterranee stanno di conseguenza diminuendo” – ha spiegato Iceland. Questo è lo scenario che colpisce principalmente l’Iran.

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In Iran ha consumare ingenti quantità di acqua, il 90% è il settore agricolo e, le insufficienti precipitazioni e l’aumento della domanda di risorse sta facendo precipitare la regione in un circolo vizioso. Tutto ciò ha permesso un prosciugamento innaturale dei corsi d’acqua, di molti fiumi e dei principali laghi dei Paesi medio-orientali. Il timore è quello che da qui a pochi anni molte popolazioni saranno costrette a migrare verso zone più vivibili e sostenibili. La mano dell’uomo ha contribuito in larga misura a depauperare le risorse, soprattutto in Iran, dove la costruzione di dighe ha interrotto i flussi più consistenti di acqua. Un grave colpo anche dal punto di vista sociale, visto che molti sono i manifestanti che hanno deciso di protestare contro la mancanza di acqua nel sud-ovest del Paese. Poco più di un mese fa tre manifestanti venivano uccisi durante gli scontri con le forze di polizia.

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Come scrive la CNN, il ministero dell’Energia iraniano attribuisce al cambiamento climatico il 30% delle responsabilità per il prosciugamento del lago Urmia. L’impatto negativo arriva in questo caso a colpire anche la qualità dell’acqua – prosciugandosi, il lago ha, fisiologicamente aumentato il proprio livello di salinità, in modo estremo, provocando molti danni dal punto di vista dello colture agricole. Anche la Giordania vive una critica crisi delle risorse idriche, tanto che la popolazione sta assumendo sempre meno acqua. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America prevede che i giordani meno abbienti e con redditi più bassi saranno costretti a vivere con soli 40 litri al giorno, quantità estremamente ridotte se confrontate agli standard occidentali. Già in diversi luoghi l’acqua stenta ad arrivare tutti i giorni. Il sistema idrico della Giordania si poggia sul fiume Giordano, che attraversa inoltre il territorio di Israele, Siria, Cisgiordania e Libano. L’intervento dell’uomo, come la costruzione frequente di dighe lungo il percorso del fiume hanno ridotto gravemente il flusso di acqua verso la Giordania, costretta ad acquistare grandi quantità da Israele, Paese del medio-oriente in possesso dei migliori sistemi di desalinizzazione dell’intera regione, sistema che però è un forte fattore di inquinamento, a causa dell’importante quantità di energia che richiede.

La grave crisi delle risorse idriche, potrebbe essere, anche se già lo è, una chiave che aprirebbe il sipario a forti tensioni tra i Paesi medio-orientali. E le tensioni potrebbero sfociare anche in gravi conflitti: uno scenario preannunciato da molti studiosi ed esperti di geopolitica. L’avvento di ulteriori conflitti per le risorse idriche, favorirebbe solo l’approdo di molte famiglie verso la povertà assoluta e porterebbe il pianeta a fare i conti con una nuova concezione delle risorse, in un circolo vizioso che metterebbe a rischio la sopravvivenza di milioni di persone.

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