Parler il social network alternativo a Twitter messo offline

A poche ore dalla scelta del presidente Trump e altri leader di affidarsi a Parler, il social network alternativo a Twitter messo offline.

(screenshot video)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato espulso dalla maggior parte delle piattaforme di social media mainstream dopo l’assedio dei suoi sostenitori al Campidoglio degli Stati Uniti. Ma resta da vedere quanto velocemente o dove su Internet il tycoon sarà in grado di raggiungere i suoi follower.

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Parler, a cui nelle scorse ore aveva deciso di iscriversi anche Matteo Salvini, era stato il candidato principale, almeno fino a quando Google e Apple non l’hanno rimosso dai loro app store. Adesso anche Amazon ha seguito questa scelta e il social network alternativo a Twitter è finito offline.

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Perché Parler è stato messo offline

In questi giorni, nei quali si è discusso molto su quanto sia “democratico” che piattaforme private compiano scelte che hanno ripercussioni a livello pubblico, arriva dunque un altro colpo assestato dalle grandi multinazionali, stavolta nei confronti di un social network i cui numeri non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli di Twitter. Nel caso di Parler, infatti, si parla sostanzialmente di 10-12 milioni di iscritti, dei quali tre quarti solo negli Usa. Per avere un’idea dei numeri, basta fare un confronto con Twitter, dove soltanto Trump ha un profilo – quello bloccato appunto – seguito da quasi 90 milioni di follower.

Stando alle prime indicazioni del CEO di Parler, il social network dovrebbe rimanere offline per circa una settimana, andando poi a cercarsi un altro hosting, ma è chiaro che senza un’app per smartphone, è difficile immaginare che Parler ottenga un successo mainstream. La chiusura del social network alternativo e ritenuto vicino a posizioni di destra anche estrema sarebbe stata forzata da pressioni su Google, in quanto sarebbero stati pubblicati post che cercano di “incitare alla violenza in corso negli Stati Uniti”. Alla decisione di Google, ha fatto seguito poco dopo quella di Apple, che ha sottolineato come problemi di sicurezza pubblica dovranno essere risolti prima che l’app venga ripristinata.

Il CEO di Parler accusa i giganti della tecnologia

Ovviamente, il social network si difende dalle accuse nei suoi confronti e controbatte. Il CEO di Parler John Matze ha denunciato le censure applicate come “un attacco coordinato da parte dei giganti della tecnologia per uccidere la concorrenza nel mercato. Abbiamo avuto troppo successo troppo in fretta”, ha detto in un post di sabato sera. “Tutti i fornitori, dai servizi di messaggi di testo, ai provider di posta elettronica, ai nostri avvocati, ci hanno abbandonato lo stesso giorno”, ha detto Matze poi ieri su “Sunday Morning Futures” di Fox New Channel. Ha aggiunto che mentre l’azienda sta cercando di tornare online il più rapidamente possibile, sta “avendo molti problemi, perché ogni fornitore con cui parliamo dice che non lavorerà con noi, perché, se Apple non approva e Google non lo fa non approvo, non lo faranno”.

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