I Ros di Palermo hanno condotto un’operazione antimafia eseguendo 23 decreti di fermo: alcuni arrestati favorivano i rapporti tra clan siciliani.
Una vasta operazione antimafia condotta nella notte dai Ros di Palermo, guidati dal colonnello Arcidiacono, ha portato all’arresto di 23 persone tra le provincie di Palermo, Agrigento e Trapani. Le accuse per i malviventi, a vario titolo, sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno di associazione mafiosa, favoreggiamento e tentata estorsione.
Ti potrebbe interessare anche -> Sonia Di Maggio uccisa per strada: ricercato l’ex fidanzato
Le indagini della Procura sui clan siciliani
I 23 decreti di fermo sono stati firmati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo nell’ambito dell’operazione denominata “Xydi”. Tra gli arrestati vi sono capi mafia, esponenti della Stidda, membri delle forze dell’ordine e un’avvocatessa. Dall’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Francesco Loi Voi, è emerso che i boss, anche se ristretti al 41 bis, riuscivano comunque a comunicare con l’esterno, a organizzare l’attività dei clan e a passarsi messaggi anche tra di loro.
Secondo le indagini una nota penalista di Agrigento, Angela Porcello, compagna di un condannato per mafia, organizzava nel suo studio legale summit di Cosa nostra svolgendo il ruolo di consigliera e messaggera per alcuni boss dietro le sbarre. La Procura ha documentato grazie alle cimici incontri tra i clan siciliani, scoprendo anche che la donna era divenuta la reggente del mandamento mafioso di Canicattì.
Ti potrebbe interessare anche -> Sonia Di Maggio: chi è l’assassino della giovane donna
Tra gli arresti figurano anche cancellieri, un ispettore di polizia e agenti della polizia penitenziaria che con la loro complicità avrebbero permesso a tre boss di Agrigento, Trapani e Gela di mandarsi messaggi a distanza. In manette anche l’ergastolano Angelo Gallea, mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, in semilibertà dal 2015 dopo 25 anni di carcere. Dall’inchiesta è emerso che, approfittando della “disciplina premiale”, era in realtà tornato a dirigere la Stidda agrigentina. Destinatario del provvedimento di fermo è anche Matteo Messina Denaro, anche se latitante ormai dal 1993.