Ambiente: le microfibre delle mascherine inquinano il mare

Uno studio dell’Università di Milano-Bicocca porta alla luce i rischi per l’ambiente legati alle mascherine: i risultati della ricerca individuano un rischio relativo allo smaltimento. Una mascherina chirurgica rilascia nelle acque marine fino a 173mila microfibre.

PACIFICA, CALIFORNIA – APRIL 3: Terri Brown, a volunteer with Pacific Beach Coalition, prepares to use a grabber tool to pick up a discarded surgical mask while picking up trash near Pacifica Esplanade Beach on April 3, 2021 in Pacifica, California. Concerns are growing over discarded COVID-19 related used personal protective equipment (PPE) that is littering streets and waterways since it contains microplastics that don’t break down easily and could take hundreds of years to decompose. In September of 2020, the California Coastal Commission created a new category for masks and gloves for its coastal cleanups. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)

A rivelare i rischi ambientali causati dalle mascherine è stata, come riporta l’Ansa, l’Università Milano-Bicocca. Lo studio, rinominato: “The release process of microfibers: from surgical face masks into the marine environment” pubblicato sulla rivista Environmental Advances – una ricerca che concentra i propri studi sulla “degradazione foto-ossidativa delle fibre di polipropilene”, elemento presente all’interno delle mascherine.

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I ricercatori hanno riprodotto e simulato l’invecchiamento, riproducendo le condizioni presenti nell’ambiente. Il processo parte dall’abbandono della mascherina che inizierà a degradarsi esposta agli agenti atmosferici ma anche all’azione solare. Il processo, come spiega lo studio si avvale di settimane, fino all’arrivo nelle acque marine, dove sarà sottoposta ad altre variabili, come il movimento delle onde. Ed è in questa ultima fase che la mascherina rilascia maggiori quantità di microfibre. Le misurazioni effettuate durante lo studio hanno rivelato che ogni  mascherina esposta alla luce UV-A per 180 ore sia capace di emettere centinaia di migliaia di particelle grandi poche decine di micron.

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Il rischio analizzato dalla ricerca ricade, come in altri casi di rilascio di microplastiche, sui possibili danni da ostruzione che possono sovvenire in caso di ingestione – ma anche dal punto di vista tossicologico in relazione a contaminazioni chimiche e biologiche. Un altro rischio preso in considerazione dai ricercatori è la presenza di “frazioni sub-micrometriche”, che potrebbero, in superare le “barriere biologiche.
L’Ansa ha riportato il commento sui risultati della ricerca, da parte di Francesco Saliu (ricercatore) e Marina Lasagni (docente): “Speriamo che questo nostro lavoro – affermano –  possa sensibilizzare verso un corretto conferimento delle mascherine”. Il fine, oltre a quello di sensibilizzare è quello di promuovere la sostenibilità con l’ausilio delle nuove tecnologie.

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