Pietro Mattei, chi era il marito della contessa Alberica Filo della Torre

Pietro Mattei, era sposato con la contessa Alberica che fu uccisa nel 1991 dal suo maggiordomo filippino, l’uomo riuscì a far riaprire le indagini sul delitto nel 2007.

Pietro Mattei, chi è il marito della Contessa vittima nel delitto dell'Olgiata (Foto dal web)
Pietro Mattei, chi è il marito della Contessa vittima nel delitto dell’Olgiata (Foto dal web)

Dopo diversi anni, nel 2011 riuscì a risolvere il delitto con l’arresto dell’assassino, il delitto dell’Olgiata rimase per diversi anni senza colpevoli, nel 2007 proprio su iniziativa del marito furono riaperte le indagini che portarono nel 2011 alla conclusione del caso con l’arresto e la condanna del maggiordomo filippino, Winston Manuel Reyes.

La vita dell’uomo è stata una vera e lunga battaglia per riuscire a dare giustizia a sua moglie, voleva allontanare le ombre create dalla stampa per diversi anni sia sul suo conto ma soprattutto sul conto della moglie, l’uomo non è mai indietreggiato, ma bensì ha reagito dinanzi agli attacchi querelando le calunnie contro la moglie.

Si scrollò di dosso il peso dell’opinione pubblica, la quale fu subito tesa accusandolo e insinuando che fosse stato lui il reale killer dell’Olgiata, ma dopo 20 cause per diffamazione vinte, l’opinione pubblica si placò.

L’uomo ha passato l’intera vita a lottare per il suo nome e quello di sua moglie, dall’altro lato desiderava che il colpevole dell’omicidio fosse trovato e consegnato alla giustizia.

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Pietro Mattei, chi è il marito della Contessa e cosa ha fatto per riaprire le indagini nel 2007

Le diverse cause per diffamazione da parte dei media che infangavano il suo nome e quello di sua moglie, sono state tutte vinte e procedevano a gonfie vele condannando i colpevoli.

I media arrivarono ad insinuare che la Contessa avesse delle relazioni extraconiugali con il filippino, queste dichiarazioni gettarono ombre e sospetti anche sul nome del marito, il quale non fu mai sospettato dagli inquirenti, proprio perché al momento dell’omicidio era all’Eur.

La sua sofferenza era molta proprio perché dopo aver persola moglie si sentiva malissimo quando veniva additato dal pubblico come “quello che ha ammazzato la moglie”, era una persona di spessore anche umanamente parlando.

Tra i tantissimo procedimenti di natura civile, c’è anche quello nei confronti dei meidici legali, ai quali la procura incaricò di fare delle analisi del DNA proprio sul lenzuolo che venne ritrovato in camera da letto. Dove venne uccisa la moglie, venne esclusa la presenza di tracce ematiche sul tessuto.

Successivamente tramite le sue istanze ai Carabinieri dei Ris, riuscì a dimostrare che c’erano delle macchie evidenti di sangue, i medici legali vennero subito accusati di primo grado, il caso è diventato storico e ci saranno degli sviluppi nei prossimi anni.

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Le battaglie legali del marito furono tante e tutte andarono a buon fine

Tutti i risarcimenti delle battaglie legali vinte, furono devoluti in beneficenza, l’uomo non ce l’aveva con tutti ma sapeva e riconoscere e ringraziare tutti coloro che avevano lavorato bene per lui e con lui, proprio ai Carabinieri scrisse un grande encomio.

Tra le tantissime cause c’era anche una che lo ha visto protagonista di un processo per diffamazione, l’uomo purtroppo è morto da “imputato” proprio perché a Perugia era in corso un processo per diffamazione.

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Uno dei pm “Maiorano” era tra i magistrati che lo avevano indagato per omicidio, lo querelò in seguito ad alcune interviste rilasciate ad un giornale, l’imprenditore aveva raccontato che erano state trovate una serie di intercettazioni telefoniche mai tradotte.

Le telefonate furono fatte dal cameriere filippino che fu arrestato nel 2011, queste potevano accusare e riconoscere il maggiordomo molto tempo prima, le registrazioni furono analizzate dal pm Francesca Loy, la quale risolse il caso nel 2011.

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L’ultima udienza del processo per diffamazione venne tenuta per risolvere la vicenda giudiziaria, dopo aver risolto queste diatribe, l’uomo divenne molto più sereno, in questo modo riuscì a conquistarsi un riscatto sociale in piena regola.

La battaglia legale tra la famiglia e i pm della procura di Roma cominciò nel 2012, proprio perché l’uomo con i figli Manfredi e Domitilla presentarono un esposto contro la Procura dove accusavano i pm che si occuparono del caso di “superficialità nella conduzione delle indagini”, questo era riferito ai 20 anni passati alla ricerca del maggiordomo filippino. La causa venne conclusa con le condanne pubblicate durante l’Ottobre del 2012 verso Manuel Winston Reyes a 16 anni di carcere.

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