Yara, il film Netflix non ha ricevuto l’approvazione dei genitori

Yara, la casa di produzione che ha creato e distribuito il film cerca di difendersi dalle accuse dei genitori, i quali hanno denunciato Netflix di non averli contattati prima di cominciare con la realizzazione del film.

Il film dedicato al caso della ragazza scomparsa, è stato disponibile del 5 Novembre 2021 su Netflix, il film  ha narrato la storia accaduta nel 2010, la quale ha sconvolto tutta la nazione.

Yara, i genitori hanno dichiarato di non essere stati avvisati prima della produzione Netflix (Screenshot)
Yara, i genitori hanno dichiarato di non essere stati avvisati prima della produzione Netflix (Screenshot)

L’omicidio della ragazza avvenuto nella città di Brembate di Sopra, viene raccontato nella pellicola, descrivendo gli orribili dettagli che 10 anni fa hanno colpito senza sosta la famiglia Gambirasio.

Il film sta destando diverse polemiche e dibattiti, come quello nato proprio per il consenso intorno all’approvazione dei genitori della ragazza scomparsa, la quale venne rapita per poi essere uccisa all’età di 13 anni.

Il legale della famiglia, Andrea Pezzotta, ha rilasciato una dichiarazione dove spiega che la famiglia era totalmente all’oscuro dell’uscita di una pellicola dedicata al caso d’omicidio.

L’avvocato ha dichiarato che non è stato preso alcun accordo con la produzione o il regista, i diretti interessati hanno ricevuto una telefonata solo quando il film era stato già prodotto.

I genitori non hanno dichiarato nulla a riguardo e rimangono chiusi nella loro riservatezza, lasciando che l’avvocato esprima tutta la loro delusione.

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La ragazza di 13 anni scomparse il 26 Novembre 2010, l’omicidio è stato riportato sul grande schermo in maniera fedele, tra queste ci sono alcune licenze artistiche.

Il film racconta al pubblico tutte le tappe dell’infruttuoso processo per riuscire a capire chi era il colpevole dell’omicidio che riguardava la ragazza 13enne. Infatti nel 2014 giungerà la condanna per l’operaio Massimo Giuseppe Bossetti, il quale sarà condannato all’ergastolo, attualmente si trova in prigione a Bollate.

L’avvocato dell’operaio, Claudio Salvagni, ha dichiarato che il film non si basa su “fatti non coerenti”, attualmente lo stesso operaio Massimo Giuseppe Bossetti si è proclamato innocente.

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Il produttore della pellicola, Pietro Valsecchi ha dichiarato che il film si è basato su una scrupolosa lettura delle carte processuali e della documentazione dell’omicidio.

Le polemiche sono pressoché scontate nel momento in cui si parla di storie realmente accadute, il produttore crede che la produzione possa restituire e descrivere con accuratezza gli avvenimenti e l’atmosfera che si respirava durante tutti quei mesi di lunghe indagini.

Mentre la società di produzione, la Taodue, ha affermato che la famiglia Gambirasio era stata contattata prima della produzione e realizzazione della pellicole, al momento della sceneggiatura, lo stesso è stato fatto con i legali di Bossetti e dei Gambirasio.

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