Catania, la gang del caro estinto: furti e minacce per assicurarsi le esequie

Cinque persone dietro le sbarre e 4 sottoposte all’obbligo di dimora: sgominata la gang del caro estinto che spadroneggiava all’ospedale di Caltagirone. Furti, minacce e aggressioni per accaparrarsi i morti

(Getty Images)

I carabinieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 persone, mentre altre 4 sono sottoposte all’obbligo di dimora, indagate per associazione a delinquere finalizzata ad assicurarsi il monopolio nel settore delle onoranze funebri. Dalle indagini è emerso che il sodalizio criminale “sabotava” le imprese concorrenti danneggiandone gli arredi funebri, vandalizzandone la pubblicità, minacciandole e depredando le salme al fine di realizzare quella che i militari dell’Arma non hanno esitato a definire “un’occupazione permanente” delle camere mortuarie dell’ospedale “Gravina e Santo Pietro” di Caltagirone, in provincia di Catania.

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Ad incastrare i componenti della “gang del caro estinto” le telecamere installate nelle camere mortuarie dai carabinieri che li hanno immortalati mentre frugavano nelle bare e portavano via gioielli alle salme, perfino un rosario dalle mani di un defunto.

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Gli arrestati sono Paolo Agnello, 57 anni, ritenuto il capo del sodalizio criminale, Massimiliano Indigeno, 47 anni, il cassiere, Alfredo Renda, 68 anni, titolare dell’omonima società di onoranze funebri, e Davide Annaloro, 46enne. Alberto Agnello, 56 anni, è stato invece ristretto ai domiciliari.

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Secondo gli inquirenti, gli indagati piantonavano anche di notte le camere mortuarie dell’ospedale che erano diventate la loro “riserva di caccia” grazie anche alla complicità di alcuni operatori mentre chi tentava di opporsi al loro strapotere veniva aggredito o minacciato come i concorrenti (“Ti ammazzo, devi chiudere, figlio di p…”) e perfino gli infermieri che cercavano di allontanarli dall’area del pronto soccorso adibita agli operatori sanitari: “Non sei nessuno, ti diamo legnate, ti aspetto fuori”. Gli indagati avrebbero “distrutto arredi funerari e biglietti pubblicitari dei concorrenti nonché strappato dalle salme, una volta anche a quella di un feto, i talloncini identificativi per rintracciare prima degli altri i parenti dei defunti“.

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