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Cronaca

Luciano Baglioni, il poliziotto che fermò i crimini della Uno Bianca

Published by
Simone Cadoni

Ventisette anni fa venivano arrestati i componenti della banda ribattezzata Uno Bianca: a risultare determinanti furono le minuziose indagini di Luciano Baglioni, condotte insieme al collega Pietro Costanza.

Era il novembre del 1994 quando le indagini sulla banda della Uno Bianca arrivarono a una svolta decisiva. Il gruppo criminale, composto dai tre fratelli Savi, Roberto, Fabio e Alberto, e da Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli, è passato alla storia per l’efferatezza dei suoi crimini, soprattutto rapine a mano armata, che consentirono di accaparrarsi un bottino stimato a circa 2 miliardi di lire.

banda uno biancabanda uno bianca
(Foto di pubblico dominio)

I malviventi, tutti agenti di polizia ad eccezione di Fabio Savi, complessivamente provocarono tra gli anni Ottanta e Novanta, tra l’Emilia Romagna e le Marche, la morte di 24 persone e il ferimento di altre 102. Tutti i componenti della banda vennero arrestati e poi condannati nel 1996: a risultare determinante nella loro cattura fu il poliziotto della Questura di Rimini Luciano Baglioni, che insieme al collega Pietro Costanza riuscì a smascherare i fratelli Savi dopo numerosi appostamenti.

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Banda della Uno Bianca, la testimonianza di Luciano Baglioni

Oggi Luciano Baglioni è in pensione. In una recente intervista al Corriere di Bologna ha spiegato che all’epoca era stato difficile rassegnarsi del fatto che la maggior parte dei criminali della Uno Bianca fossero poliziotti come lui. “Tutt’ora è difficile farsene una ragione – ha precisato – basta pensare ai morti, ai feriti e ai familiari delle vittime”.

(screenshot video)

L’ex poliziotto ha ricordato la paura e la paranoia della gente, che a causa dei crimini commessi iniziava a sentirsi poco al sicuro. “Tanto per fare un esempio chi aveva una Uno Bianca temeva i controlli continui delle forze dell’ordine a suo carico”, ha raccontato.

A risultare decisivo per l’arresto dei sei malviventi fu l’esame degli atti da parte del pool di investigatori di Rimini, ma soprattutto la comprensione dei movimenti della banda. “Avevamo capito che avevano una conoscenza capillare del territorio”, ha evidenziato Baglioni. Per le loro rapine i criminali non facevano altro che sfruttare le competenze accumulate all’interno delle forze di polizia.

A un certo punto il pool riminese fu sciolto e il lavoro fu assegnato ad altri magistrati a Roma. Tuttavia Luciano Baglioni e Pietro Costanza chiesero e ottennero dalla procura di poter proseguire le indagini in modalità autonoma. Così i due agenti andarono avanti con le loro ricerche, mettendo in atto appostamenti e continuando a indagare sulle modalità operative della banda.

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Grazie alla loro intuizione e a uno studio minuzioso, arrivarono a sospettare che i criminali potessero essere proprio persone interne alle forze di polizia, anticipando le loro possibili mosse. Il 3 novembre 1994 Fabio Savi eseguì un sopralluogo presso una banca del riminese: davanti ad essa si erano appostati Baglioni e Costanza che, insospettiti, decisero di seguirlo fino alla sua abitazione a Poggio Torriana. Quel momento sancì la svolta nelle indagini.

Oggi, a 27 anni di distanza dall’arresto dei criminali, Luciano Baglioni e Pietro Costanza sono ancora considerati degli eroi. “Abbiamo semplicemente fatto il nostro dovere” ha umilmente ammesso Baglioni, sottolineando anche di non aver mai agito anteponendo di fronte al suo lavoro il fatto di essere colui che fermò la Uno Bianca.

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